I profumi nel Rinascimento

I profumi nel Rinascimento e l'igiene in questo periodo non era molto frequente e non

I profumi nel Rinascimento e l’igiene in questo periodo non era molto frequente e non gli si dava molta importanza. Ma, poiché era impossibile non notarlo, i profumi divennero necessari.

Firenze

Nel 1508 i monaci domenicani del convento di Santa Maria Novella a Firenze, crearono quella che sarebbe poi diventata la profumeria più rinomata in tutta Europa. Era frequentata abitualmente dai De Medici e dai papi, che facevano generose donazioni al convento. Durante i secoli, i nuovi proprietari della profumeria aggiungevano nuovi ingredienti alle ricette originali.

I pomander

Letteralmente ‘pomi d’ambra’, ingegnose sfere di profumo grandi quanto il palmo della mano o più piccole, a base di ambra grigia, muschio e altre erbe profumate; queste palline odorose venivano racchiuse all’interno di sfere metalliche, spesso filigranate dagli artigiani orafi fiorentini, e indossate appese al collo o alla cinta come un gioiello; questo serviva ad avere sempre con sé una fonte di profumo.

Lasciare la scia

Questa tecnica di piccoli contenitori da portare addosso con profumo o lembi di stoffa profumata era molto diffusa e trovava utilizzo in svariati modi, come camuffarli insieme ad un rosario.

Nei trattati dell’epoca numerose sono le ricette per le composizioni di profumi e pomander, eccone una:

«Per fare uno pomo di profumo per portare in mano: Togli laldano, storace, gharofani, cennamo, rose rose in bocce, fiori di spagho, chalamo armaticho ana parte ughuale. Ittem spezie chordiale, alita muschata, legno aloe, uno pocho di chamfera, 1a noce moschada, ghome rabicha on. 1ª, çibetto, muscho grani quatro d’ ognuno, bemgui, e la ghoma arabicha. Di tutto fa’ d’ ogni chosa polvere e bagna choll’ aqua rosa e impasta insieme e fa’ una palla a uso di mela e forala nel mezzo e mettivi 1° chordone di seta chor uno bottone per portala in mano o alla cintola».

Da: Ricette tecniche e mediche nella Firenze di inizio XVI secolo, ms. Wellcome Library 425, c. 131r

 

Papa Innocenzo XI contribuì con una ricetta che curava le bruciature, che subito dopo venne chiamata Balsamo Innocentino.

Nel loro catalogo si possono trovare specialità come

  1. elisir di quina(quinoa), di lunga vita e di rabarbaro
  2. acqua di melissa
  3. acqua di Regina (invenzione della regina dei De Medici).

Il loro talco di giaggiolo era usato per profumare il lino, lavare i denti e lo si passava sulla pelle dopo essersi lavati.

L’odore del Rinascimento

I profumi infatti, come nell’antica Roma, erano usati sia sulle persone che sugli animali, o su qualsiasi oggetto. Pietro Aretino, in una lettera a Cosimo I, lo ringrazia per le banconote profumate mandategli.

Si dice che alcuni degli oggetti che sono stati rinvenuti abbiano ancora il profumo della loro essenza. I moralisti si lamentavano dell’uso dei profumi ma non per la sporcizia. La Chiesa stessa sembrava più preoccupata del trucco che veniva usato piuttosto che del sudiciume.

Il falò delle vanità

Solitamente le lamentele non ebbero molto effetto, ma l’influenza del frate domenicano Girolamo Savonarola verso la fine del quindicesimo secolo ebbe un grande impatto sulle donne di Firenze, a tal punto che smisero di utilizzare i cosmetici e bruciarono i trucchi in quello che viene ricordato come “falò delle vanità” era il 4 Febbraio 1497.

Vennero messi al rogo specchi, profumi, trucchi, insieme a abiti lussuosi.

Fonti:

Richard Corson Fashion in Make up from ancient to modern times 1972 Universe book

Ricette tecniche e mediche nella Firenze di inizio XVI secolo, ms. Wellcome Library 425, c. 131r

Officina profumi Santa Maria Novella qui

Fotografia e make up, sono gli elementi cardine del percorso trasversale e dinamico che, sin da giovane, ha segnato l’animo di Antonio Ciaramella. Se le sue origini partenopee gli hanno conferito l’arte del parlare romantico, la sua determinazione l’ha portato ad inseguire costantemente la bellezza.

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