Il make up durante la seconda guerra mondiale

Dati sulle vendite del cosmetico Il make up durante la seconda guerra mondiale; per comprendere se

Dati sulle vendite del cosmetico

Il make up durante la seconda guerra mondiale; per comprendere se le donne si truccassero durante questo periodo, basta osservare i dati sulle vendite.

Il New York Times afferma che

la popolazione ha speso oltre mezzo miliardo di dollari in prodotti cosmetici di cui solo 20 milioni in rossetti e ben sessanta in creme idratanti!

L’uomo non amava le donne troppo truccate

A molti dava fastidio il rossetto debordato dai contorni naturali. Tuttavia gli esperti consideravano il make up un ottimo rimedio per sollevare il morale

Il make up si rivela un grosso introito per le casse dello Stato

Vi fu addirittura una proposta di legge nel 1942 per limitare la produzione di prodotti cosmetici, decisione revocata immediatamente focalizzata l’importanza del cosmetico per la popolazione femminile.


In “Make up 100 anni allo specchio” ho trattato di come la scarsità di materie prime, anche nella cosmesi, abbia dovuto far “arrangiare” l’industria della bellezza, organizzandosi in modo ingegnoso.

La mancanza di alcol fa produrre più profumi e meno colonie

La stessa produzione di smalto per le unghie ha dovuto ingegnarsi nel riciclare la nitrocellulosa delle pellicole dell’industria cinematografica per creare il prodotto cosmetico.

 

Non era una pratica del tutto nuova visto che già esisteva dagli anni ’30, il metodo era sicuramente meno costoso ma, la presenza di canfora nella composizione, pregiudicava la brillantezza dello smalto, per questo venne abbandonata, tuttavia ottima in periodi di restrizione.

Una ricetta Inglese prevedeva:

  1. Spirito metilato industriale 70%,
  2. Butilacetato 70%
  3. Olio di ricino 1%
  4. Scarti di pellicole 14%
  5. Resina idrogenata per acqua bianca 7%. Il variare di acqua e pellicole cambiava la densità e vischiosità del prodotto.

Anche il packaging ha subito notevoli cambiamenti

Il compromesso è stato quello di creare confezioni dall’aspetto glamour e femminile con materiali meno costosi: il metallo e il vetro sono stati sostituiti inizialmente con la plastica e il cartone soprattutto per i prodotti di fascia medio bassa, abbassando il prezzo si è avuto più consumatori.

Molti soldi erano spesi per la pubblicità, circa un quarto dei ricavati aziendali . E se c’è un’azienda che ha molto puntato sulla pubblicità è sicuramente Max Factor. Nel 1941 una rivista inglese “The Queen” racconta di quanto sia apprezzato il nuovo cosmetico Pan Cake, poiché veloce da applicare e dura ore sul viso donando un aspetto delizioso.

Ricordiamo che il Pan Cake fu realizzato dal genio del make up per scopi cinematografici, in questi anni, realizza nuove colorazioni adatti al make up quotidiano in commercio in pratici contenitori bianchi e neri sulle pubblicità si leggeva:
“in six lovely shades, ranging in tone from a pale flesh tint to a deep warm tan, and all …in keeping with the colouring of the Women’s Service Uniforms”

Più immagini sul questo decennio clicca qui
Source:
Antonio Ciaramella Make up 100 anni allo specchio Ed Efesto 2015
Richard Corson Fashion in Make up from ancient to modern times 1972 Universe book

 

Fotografia e make up, sono gli elementi cardine del percorso trasversale e dinamico che, sin da giovane, ha segnato l’animo di Antonio Ciaramella. Se le sue origini partenopee gli hanno conferito l’arte del parlare romantico, la sua determinazione l’ha portato ad inseguire costantemente la bellezza.

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